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Ad Hong Kong un esercito di poliziotti per arrestare sei redattori e chiudere la bocca a un quotidiano pro-democrazia

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L’ennesimo attacco alla libertà di stampa si è svolto oggi, mercoledì 29 dicembre, operato dalla polizia di Hong Kong, che ha schierato centinaia di agenti con l’obiettivo di catturare ben 6 persone accusate di “cospirazione per la pubblicazione di pubblicazioni sediziose”. I fermati sono collaboratori, redattori e editori della testata giornalistica filo-democratica “Stand News”, il cui direttore Patrick Lam è stato condotto fuori dagli uffici ammanettato. Prima dell’arresto, Lam era riuscito comunque a filmare e trasmettere in streaming col cellulare le fasi dell’irruzione, fino a quando non gli è stato sequestrato il telefono. L’azione era partita all’alba, con la perquisizione e l’arresto del caporedattore ad interim, dell’ex caporedattore e di alcuni membri del comitato editoriale. La polizia cercava elementi compromettenti e documenti di chissà quale tipo, per avere prove certe sulla “dissidenza” della redazione giornalistica dalle decisioni del  governo di Pechino in materia di informazione.

La Cina ha operato così l’ennesima violazione, questa volta al diritto all’informazione, difendendo la legittimità degli arresti “necessari” ad “evitare” che le “mele marce” si “rappresentino falsamente come media”, così come ha dichiarato Steve Li Kwai-wah, sovrintendente senior del dipartimento di Sicurezza Nazionale della polizia di Hong Kong, fin troppo abituato ai dittatori che si fingono democratici.

Ora i sei arrestati rischiano fino a due anni di carcere oltre a una grossa multa.

Il segretario capo del governo di Hong Kong, John Lee, ha voluto dire la sua in proposito, dichiarando che gli arrestati “sono gli elementi malvagi che danneggiano la libertà di stampa. I veri operatori dei media professionisti dovrebbero riconoscere che gli arrestati sono le mele marce che stanno abusando della loro posizione, indossando una falsa giacca da operatore dei media”.

Fare il giornalista sta diventando una professione sempre più pericolosa e l’informazione, già pesantemente censurata e pilotata in alcune parti del mondo, quando è libera rischia continuamente di essere interrotta e sabotata, non solo nei Paesi più a rischio. E’ molto più facile e spesso più redditizio, mettere in rete fake news o mezze verità, che rimbalzando da un utente all’altro, creano una pletora di ignoranti con facoltà di giudicare e  criticare senza averne alcun titolo: la democrazia del web, ovvero l’arma di disinformazione di massa, tanto cara ai burattinai del Potere.

 

(29 dicembre 2021)

©gaiaitalia.com 2021 – diritti riservati, riproduzione vietata

 





 

 

 

 

 

 

 



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