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“Vogliamo la Pace!”, voci di testimonianze bielorusse e ucraine raccolte a Roma

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“Vogliamo la pace”. Con questa frase di tre parole, una signora ucraina ha espresso il sunto dei desideri delle sue connazionali, che giovedì 24 febbraio hanno affollato la piazza antistante la Biblioteca Nazionale di Roma, per protestare contro l’attacco russo e la politica imperialista di Putin (qui la diretta di Gaiaitalia.com notizie su La Vasca dei Pesci TV).


 

Il #podcast con alcune voci di testimonianze bielorusse e ucraine raccolte a Roma il 25 febbraio

Tanti giovani, alcuni in costume tipico, e tante donne con la tradizionale coroncina di fiori tra i capelli. Una folla pacifica, seriamente preoccupata ma comunque disposta a mettersi in gioco. Vogliono parlare, queste donne. E lo fanno, raccontando le storie comuni a tante madri: l’emigrazione in Italia per lavorare, i figli lasciati in Patria e ora la preoccupazione perché, come ha detto una di loro: “Sono tre giorni che non ho notizie e sto male, non riesco a fare più niente, penso solo a cosa possa essere successo”.

Questa manifestazione ricorda quelle per l’Afghanistan, o quelle per la Palestina: tutte organizzate per rendere pubblici gli eventi e suscitare partecipazione. Anche lì ci sono madri, figlie, sorelle, donne che devono portare il peso dell’angoscia per i loro cari. Al di là delle motivazioni – se mai possono essercene nel momento in cui si scatena un conflitto –,  potrebbe essere utile riflettere su quello che rende “diversa” questa guerra dalle altre. Forse perché si svolge in Europa? Forse perché l’Ucraina detiene risorse minerarie importanti e indispensabili alle nostre economie?  Attendiamo le risposte della politica, se ce ne saranno, sperando che si accorga della polveriera che sta deflagrando a Est.

Erano altri tempi, quelli in cui Putin e Berlusconi si facevano le fotografie al freddo della Russia, coi colbacchi in testa. O forse no, e aveva ragione Trilussa?


Ninna nanna della guerra
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Che quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti

nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

Trilussa

 

(25 febbraio 2022)

©gaiaitalia.com 2022 – diritti riservati, riproduzione vietata

 





 

 

 



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