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La Legge 194 ha “solo” 44 anni e in troppi ne vogliono la morte prematura

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Quarantaquattro anni fa, il 22 maggio 1978,  venne approvata la legge n. 194, ossia la legge sull’aborto che, dopo anni di battaglie, di lotte e di scontri, riconobbe alle donne il diritto di poter decidere se interrompere volontariamente una gravidanza.

Fino ad allora, l’aborto era considerato un reato, punito secondo l’articolo 545 del Codice Penale, con pene che variavano dai sei mesi ai dodici anni, a seconda dell’età e di altre variabili. Tuttavia, nel caso in cui:”...è stato commesso per salvare l’onore proprio o quello di un prossimo congiunto, le pene ivi stabilite sono diminuite dalla metà ai due terzi”. (art. 551).  In questo è evidente un parallelismo con il delitto d’onore e lo ius corrigendi, strumenti simbolo del patriarcato, adoperati per secoli sulle donne.

La battaglia sull’aborto era iniziata in maniera evidente negli anni caldi della Contestazione, rivendicando un diritto che oggi sembra ovvio, ma che 44 anni fa non lo era affatto. Le donne morte per interruzione di gravidanza erano numerosissime, perché in assenza di una legge e non potendo accedere alla chirurgia se non pagando fiumi di soldi ai medici abortisti – i cosiddetti Cucchiai d’oro – , erano costrette a rivolgersi alle mammane, oppure ai metodi classici, nocivi se non potenzialmente mortali, come ad esempio l’infuso di prezzemolo, i bagni caldi e freddi, o i ferri da calza nell’utero. L’Italia degli anni ’70 era ancora un Paese fortemente tradizionalista e religioso, nel quale si stavano appena attuando le prime riforme per i diritti delle donne, come il divorzio e, appunto, il l’aborto, battaglie portate avanti dal partito Radicale. Sono diventate famose le foto di Emma Bonino e Adele Faccio, entrambe radicali, arrestate dopo essersi autodenunciate per aver praticato aborti. Tuttavia, l’approvazione della legge non determinò la fine delle discussioni.

Il 2 febbraio 1980 venne proposto un referendum abrogativo, presentato dalla DC e da associazioni religiose, al quale i Radicali contrapposero alcune integrazioni ancora più “moderne” alla legge. Ovviamente l’abrogazione venne bocciata e la legge rimase. L’Italia stava cambiando ed era evidente la volontà di non tornare indietro.

Il diritto all’aborto non è però qualcosa di scontato: basti pensare alla Polonia, che non ha una legislazione in merito, o agli Stati Uniti, dove in questi giorni si sta combattendo  per conservare la legge attuale.

Oggi in Italia, la legge esiste e resiste, sebbene il numero dei medici obiettori sia molto alto, e i consultori abbiano molte difficoltà, tra cui quella relativa alle chiusure. La rivoluzione farmaceutica della pillola abortiva non ha arginato gli aborti clandestini, che rimangono numerosi anche in conseguenza dei numeri relativi all’immigrazione irregolare. In questi casi, si ricorre ai metodi fai da te o ai medici improvvisati, con conseguenze facilmente immaginabili. Quello che purtroppo, resta ancora molto radicato, è il giudizio negativo nei confronti delle donne che decidono di interrompere la gravidanza. Giudizio che poi influenza l’accesso al servizio con le sue conseguenze.

Come ricordare allora questa ricorrenza? Personalmente, ritengo con la volontà di non abbassare la guardia e salvaguardare questo diritto, ottenuto a carissimo prezzo. E soprattutto, facendo la giusta informazione, che vuol dire non demonizzare chi ne usufruisce, rispettando la libera scelta che è alla base della democrazia.

 

(22 maggio 2022)

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